Rispondere che ansia!

Le paranoie dietro le spunte blu

di Luciano Lombardi d’Aquino, 3G

Il fidanzato di una mia amica, Joe Mullen, è un ragazzo simpatico, una persona premurosa che ama cani e bambini. Quando lo vedo di persona, una volta ogni mese o due, si preoccupa di chiedermi come sta andando la mia vita. Joe è un grande appassionato di musica e condi- vidiamo la passione per quella fatta da strani musicisti inglesi. Una vol- ta ho trovato un’artista che pensa- vo gli sarebbe potuto piacere molto. Così gli ho chiesto il suo numero e gli ho inviato un link Spotify di un album. "Ciao :) Sono Schnipper", ho scritto. "Prova ad ascoltare la roba di questo tizio, potrebbe piacerti". Ho pensato che potesse rafforzare la nostra amicizia. Solo che non è stato così, perché Joe non mi ha risposto.
Forse chiedere a qualcuno di passare 45 minuti ad ascoltare un album e poi sintetizzare i propri pensieri è troppa pressione. O forse Joe ha ascoltato e non gli è piaciuta la musica e non voleva deludermi. Forse in realtà gli sto antipatico. Ci sono un sacco di potenziali motivi per cui non ha risposto; li ho im- maginati tutti. Mesi dopo, gli ho fi- nalmente chiesto perché mi avesse ignorato. "Non lo so", ha detto Joe. "È una buona domanda."

Quando ho letto questa storia sulla rivista statunitense The Atlantic mi sono molto incuriosito. E allora ho deciso di indagare.
La comunicazione è fondamentale per l’essere umano fin dall’alba dei tempi. Grandi studiosi e filosofi come Paul Watzlawick e Marshall McLuhan ne hanno fatto l’oggetto dei loro studi e l’idea che comunicare efficacemente sia un’impresa tutt’altro che facile è più che appurata. Oggi il mezzo di comunicazione più pratico e immediato che abbiamo sono i messaggi di testo: dovrebbero essere semplici ed efficienti, eppure spesso risultano essere l’esatto opposto. 
Che sia su Whatsapp, Instagram, Telegram o altro, un messaggio di testo può essere l’inizio di una piacevole conversazione, un invito a uscire o una comunicazione velo- ce. Ma per molte persone può 

anche rappresentare un elemento di pressione. Cercando questo tema in rete, in particolare su Reddit e altri forum, mi sono imbattuto in numerosi post e commenti di perso- ne che dichiarano di avere un pessimo rapporto con i messaggi. Raccontano di aver bisogno di un tempo inopportunamente lungo per rispondere, che  varia a seconda della dimensione e dell’importanza del messaggio. E anche l'invio richiede loro uno sforzo emotivo così enorme da generare ansia e stress fino ad arrivare al punto di rinunciare a rispondere.

«Ogni volta sento come se dovessi trovare una buona risposta, la migliore risposta. Allora passa del  tempo: ore, giorni, finché non ci rinuncio. È una spirale da cui mi accorgo di essere stato risucchiato solo quando è già troppo tardi. Perciò mi sento sempre in “debito di messaggi”.»

Questa non è solo una delle tante confessioni anonime sul problema, ne è proprio il manifesto. E infatti contiene anche la più diffusa causa scatenante del disturbo: la irrazionale necessità, che diventa ossessione, di trovare una buona risposta. È una forma di insicurezza inconscia, che a livello pratico si presenta banalmente come il cercare  la parola “migliore” o la frase “più  giusta”: in realtà, sono solo scuse per rimandare il momento di rispondere.

In aggiunta a questo, la fruibilità dei messaggi di testo dà la falsa sensazione che gli amici siano sem- pre a portata di mano, e che quindi  ci si possa prendere sempre un altro po’ di tempo per elaborare una  risposta. Ma "sempre" può tradursi in "mai". Questo tipo di disturbo è un problema serio, non solo perché è terribilmente irritante per chi viene ignorato, ma anche perché la difficoltà nel mandare i messaggi può rendere le persone più sole, impedendo loro di formare nuove amicizie o incrinando quelle già esistenti.

Tuttavia, in questo quadro sociale c’è un’incongruenza: la maggior parte di co- loro che dichiara di avere problemi con i messaggi, afferma di non avere problemi a parlare con gli altri di persona. Un vero e proprio paradosso, in cui però forse si nasconde la soluzione.

Secondo gli psicologi, ma anche secondo chi è riuscito a superarlo, il modo migliore per affrontare questo problema è rendersi conto che non esiste alcun problema. Sicuramente non è facile a farsi quanto a dirsi, come testimoniano i post di tante persone che raccontano di aver dovuto lavorare su loro stessi per un periodo molto lungo. Ognuno deve trovare il criterio e la soluzione più adatta a sé, ma la chiave sta sicuramente 

nell’essere naturali. I messaggi devono  diventare come frasi di una conversazione faccia a faccia, durante la quale le parole seguono il flusso dei pensieri, senza intralci.

In conclusione, mi vorrei rivolgere a chi con i messaggi haun rapporto sano. Se qualche ora - o qualche giorno - fa avete mandato un messaggio a un vostro amico o a una vostra amica e non vi hanno ancora risposto, abbiate pazienza. Sappiate che non ce l’hanno con voi. Non siete loro antipatici. Non offendetevi: mandate loro un altro messaggio, magari chiedendo perché non vi abbiano risposto. Vedrete che anche loro diranno “Non lo so. È una buona domanda”.