Intervista ad Anna Ravel
a cura di Flavia Vicinanza, 4R
“Cosa l’ha portata a scegliere la carriera d’attrice?”
“L’ispirazione è venuta dal fatto che da sempre, fin da molto piccola, ho sentito l’urgenza di comunicare, credo che l’arte sia comunicazione. Questa urgenza ha fatto sì che poi nella mia vita si venissero a creare dei percorsi che alla fine sono sfociati nella carriera d’attrice. Inizialmente avevo intrapreso la carriera diplomatica, iscrivendomi a diritto internazionale, sempre con l’idea e l’esigenza di conoscere e immedesimarmi nella vita degli altri, cercando di capirne i problemi e le necessità. Alla fine, se ci si pensa, il mestiere dell’attore è proprio questo, entrare completamente nell’altro da sé, quindi avere la possibilità di uscire da sé e immergersi completamente nella vita di qualcun altro, nel ruolo di strumento di comunicazione tra pubblico e regista. L’idea di essere un canale per veicolare la comunicazione era una sfida molto affascinante, che poi si rinnova tutte le volte che ho a che fare con un nuovo personaggio. Il mestiere dell’attore si basa molto sulla la fiducia nell’altro: è un mestiere collettivo, che senza lo staff, il montaggio, la musica, i truccatori, lo scrittore, il costumista non potrebbe esistere.”
“Le è mai capitato di immedesimarsi in un personaggio che poi la rispecchiasse?”
“Guarda in realtà no, perché ho sempre interpretato personaggi molto diversi da me, che poi è lo stesso motivo che mi stimola tantissimo a fare questo lavoro. Esiste, però, sempre un punto che permette la coesione tra la persona e il personaggio: innanzitutto la voce, usare il proprio strumento fisico per far parlare un personaggio, poi l’dea di pensare come hanno pensato loro. Secondo me il punto che unisce tutti i personaggi che ho interpretato è il fatto di essermi sempre chiesta che cosa avessero provato nell’infanzia,
come ho fatto con Titina de Filippo, un personaggio storico che nella sua esistenza ha fatto da collante in una famiglia molto difficile e conflittuale. Un altro personaggio che ho interpretato è stato il ruolo femminile nel film di Paolo Virziga. Questo tipo di ragionamento per me è dovuto al fatto che tutto ciò che noi facciamo durante la nostra vita è influenzato da ciò che ci accade nei primi anni, quest’idea, questo concetto mi ha sempre molto affascinato, tant’è che poi sono arrivata ad usarlo come spunto per sviluppare un personaggio.”
“Quanto dura di solito la ripresa di un film? È stressante a livello fisico e mentale?”
“Le riprese dipendono sempre dal tipo di film, di solito la durata oscilla tra le quattro e le dieci/dodici settimane. L’aspetto meraviglio dietro il film è proprio la creazione di un mondo parallelo in cui tutti, ogni singolo individuo, cooperano all’interno del progetto. Per me è sempre stato molto stimolante entrare e uscire da un film, funziona come una sorta di interruttore interno, proprio per questo poi è molto difficile che continuo a vivere in un personaggio. Questo mestiere è complesso da spiegare, perché a mio avviso ha molto a che vedere con l’attesa, nel momento in cui il pubblico vede il film in realtà non si rende conto che ogni singolo giorno si lavora su un singolo minuto, su una scena. Nel momento in cui arrivi su set devi aspettare di essere truccato, vestito, bisogna capire le inquadrature, la posizione, il tuo rapporto con la telecamera e gli altri attori.”
“Tra tutti gli attori/attrici che ha incontrato nella sua vita, quale l’ha da subito colpita in modo positivo o negativo?”
“Tante sono le donne con le quali mi sono confrontata e che mi hanno profondamente ispirata, nel caso dell’ultimo film molte mi hanno aiutata; mi viene in mente Laura Morante, che nel suo percorso di attrice si è sempre messa in discussione e si è rinnovata. Un’altra persona che mi ha insegnato tantissimo è Paola Tiziana Cruciani. Quello che mi ha colpito in questo ambiente è la visione che si ha spesso delle donne, come in competizione fra di loro, come se la figura femminile dovesse per forza escludere la presenza di un’altra figura femminile; invece il ricordo che mi porto dietro, in tutti i film che ho girato, è proprio il rapporto di grande sostegno e valorizzazione che si viveva sul set.”
“Con quale attore/attrice ha da sempre voluto girare un film?”
“Bella domanda, forse con Goeffrey Rush, un attore australiano che ha fatto tantissimi film importanti, come ad esempio “La migliore offerta” di Tornatore. Un attore “Signore” del teatro e del cinema mondiale.”
“Quale ruolo le sarebbe sempre piaciuto interpretare? Magari di un cartone?”
“Un ruolo che mi piacerebbe molto interpretare, legato soprattutto al percorso che ho fatto a teatro è il ruolo di Filomena Marturano, una donna molto forte che è stata rappresentata nell’omonima commedia messa in scena da Edoardo De Filippo. Questa donna viene tratteggiata come una figura in costante lotta contro l’uomo, che si scaglia contro chiunque pur di proteggere i suoi figli, nonostante non siano riconosciuti nel suo matrimonio. Per quanto riguarda invece un cartone animato, mi sarebbe sempre piaciuto interpretare Anastasia, perché credo che lei sia riuscita nella storia a incarnare tante sfaccettature della figura femminile: la forza, il rapporto affettivo verso le origini e le radici ma anche verso il futuro.”
“Rispetto a quando ancora non era un’attrice, sente qualche cambiamento all’interno della sua vita?”
“Sicuramente. Diciamo che ho sentito maggiormente questo cambiamento nel momento in cui sono riuscita a raggiungere una routine che, a mio avviso, aderisce perfettamente al concetto di vita. Questo mestiere ti mette continuamente in uno stato di totale discontinuità: non hai degli orari, non sei mai nello stesso posto e non mangi mai nella stessa ora. Essendo sempre stata una ribelle, ciò mi ha legittimato a poter fare della mia vita quello che volevo, a mettermi in continua discussione e a non sapere mai quello che succede dopo, perché poi di fatto, finito un film, non sai mai quello che accadrà. Tutto ciò indubbiamente da un lato può essere terrorizzante, mentre per me rappresenta un bellissimo spunto di riflessione e di crescita. La mia vita ormai si concentra sul nomadismo e sul continuo contatto con gli altri, quindi posso affermare che la mia vita indubbiamente è cambiata in modo positivo. Inoltre il distacco che ho a disposizione tra un progetto e l’altro mi permette di rincorrere ciò che mi rende felice, in quanto la carriera d’attrice non mi esaurisce completamente.”
“Questa sua decisione, influisce in qualche modo all’interno di diversi ambiti della sua vita?”
“Da un punto di vista di stabilità indubbiamente, soprattutto come dicevo prima nella routine, anche da un punto di vista relazionale e di interazioni con le persone, perché chiaramente non ho la continuità, anche il semplice concetto di dover incontrare una persona tutti i singoli giorni. Tutto ciò però mi ha permesso di poter riscoprire l’altro, come banalmente la decisione di incontrare una persona non per dover riempire un vuoto o una solitudine, ma proprio perché lo vuoi fare, ciò ti permette di arricchirti. Si tratta quasi di una perdita, perché molte cose non le puoi realizzare, che però allo stesso tempo ti permette di vivere realmente il presente. Per me non esiste il telefono o tutte le altre distrazioni: nel momento in cui faccio qualcosa io sono quella cosa.”
“Qual è un posto in cui le piacerebbe girare un film?”
“Parigi. Avendo vissuto lì posso dire che è uno dei grandi rimpianti che ho rispetto al percorso che facevo prima. Trovo sia una città molto trasversale, che oltre all’amore presenta molta vitalità, c’è tantissima cultura e arte.”
“Qual è il suo libro preferito?”
“Sono tantissimi, diciamo che quello che mi rappresenta di più ha a che fare con una donna che ha rappresentato molto nella mia vita. È di Enzo Striano e si intitola “Il resto di niente”, racconta la storia della rivoluzione napoletana che ha origine anche da personaggi martiri.”