La rivolta silenziosa
a cura di Zeno Salimbene 5C
Se si presta attenzione al parere dei giovani che affollano le aule, è facile imbattersi in fenomeni di straordinaria fantasia. Per quanto la modernità ci bombardi affinché possiamo essere dei nullafacenti, tra gli studenti c’è e resiste un’indomita immaginazione.
Tuttavia, il più delle volte, la capacità di immaginare si arresta davanti alla possibilità di cambiare, tanto che gli stessi giovani intrepidi che criticano la società del consumo o lamentano i prezzi esorbitanti di un paio di scarpe di marca, rispondono già disillusi alla domanda “come puoi migliorare le cose?”
Di seguito una riflessione paradossale, uno scenario in cui questa atrofia dell’immaginazione viene meno e tentiamo di figurarci cosa potrebbe accadere se gli studenti su scala globale si accordassero per non comperare un solo prodotto di una specifica marca, in questo esempio, nel corso di sette giorni.
L’accordo
In ambito di organizzazione siamo di certo avvantaggiati, in quanto abbiamo dalla nostra il favore dell’interconnessione: restando nel presupposto ideale di un moto condiviso, non ci sarebbe che da far circolare l’iniziativa del boicottaggio attraverso i canali mediatici.
In questo caso saremmo di certo intercettati dalle autorità competenti, tuttavia la portata della diffusione sarebbe talmente vasta e capillare da permettere, nel peggiore dei casi, una censura solo approssimativa. Avremmo, inoltre, dalla nostra il fatto di usare uno strumento più che democratico, pacifico e quindi idealmente inattaccabile: quello del boicottaggio.
Il movente
Permettendo uno spazio di manovra più ampio a questa fantasia, immaginiamo di raccogliere motivazioni diverse dietro la protesta. Forse non mancherebbe chi abitualmente critica il consumismo e di certo da costoro si potrebbe avere supporto, ma la protesta gioverebbe anche, in un altro senso, a chi non condanna il marchio o anche a chi compra abitualmente, dato che il calo delle vendite su scala globale causerebbe di certo un abbassamento dei prezzi.
Le previsioni
Innanzitutto il mercato sarebbe modificato, i cali simultanei delle vendite in tutto il globo creerebbero uno stallo, tra le sedi della marca, prima nei negozi e poi nelle aziende e nelle fabbriche, circolerebbe la notizia del boicottaggio e, a questo punto, le imprese finirebbero per constatare la credibilità della protesta. Restando compatto, lo sciopero degli acquisti troverebbe forza proprio nella sua vastità, in quanto sarebbe impossibile da condannare perché pacifico, da arginare perché capillare e da attaccare perché non vi sarebbero responsabili né capri espiatori, in pieno spirito spartachista. Infine, sarebbe inevitabile un abbassamento dei costi dei prodotti e un ridimensionarsi della relazione tra il colosso della marca e i mercati più piccoli.
In conclusione
Questa ipotesi globale è ancor più sconcertante e poetica quando la si immagina nel contesto individuale, cioè in quello scenario nel quale non comperando oggetti di una marca per una settimana si riesce idealmente ad affossare un’impresa colossale senza aver fatto un morto, senza aver scomodato un politico. Ciò che di dolce-amaro rimane, poi, è la constatazione che servirebbe solo quella mobilità dell’immaginazione, quel salto della volontà, quel desiderio di organizzazione per avere un peso sulle cose.