Giulia Cecchettin: un anno dal suo omicidio

a un anno dalla scomparsa di Giulia, inizia il  processo al suo assassino

di Virginia D'Andrea, 3R

«Ero arrabbiatissimo, non volevo andasse via. Ho preso il coltello dalla macchina e l’ho rincorsa, forse l’ho preso per minacciarla. Le ho tolto il telefono per impedirle di chiedere aiuto». Queste le parole inquietanti di Filippo Turetta, 23 anni, accusato dell’omicidio di Giulia Cecchettin, 22 anni, scomparsa l’11 novembre 2023 e ritrovata senza vita pochi giorni dopo.

Venerdì 25 ottobre 2024 si è svolta la seconda udienza, durante la quale Turetta ha dichiarato, davanti alla corte d’Assise di Venezia: «Voglio raccontare tutto», ammettendo la premeditazione del suo gesto. «Avevo ipotizzato di rapirla in macchina insieme a me, poi allontanarci verso una località isolata ed aggredirla, togliere la vita a lei e poi a me», ha dichiarato, rispondendo alle domande del P.M. Andrea Petroni riguardo alle sue ricerche online su località montane nei giorni precedenti all’omicidio.

Il racconto dell’imputato ha ricostruito quel drammatico pomeriggio, culminato con l’aggressione, il sequestro e il tragico epilogo a Fossò. Turetta ha spiegato di aver tolto il telefono a Giulia per impedirle di chiedere aiuto: «Lo devo aver preso durante il tragitto dopo Vigonovo, per allontanarlo da lei, e spento. Poi, dopo Fossò, mentre guidavo, l'ho gettato in un fossato lungo la strada assieme anche al coltello».

Giulia Cecchettin, eseguita l'autopsia, cosa è emerso

In aula, il giovane si è mostrato visibilmente turbato, balbettando e abbassando lo sguardo, mentre si rifiutava di pronunciare il nome di Giulia. Quando l’avvocato Nicodemo Gentile, legale della famiglia Cecchettin, gli ha chiesto il motivo del suo gesto, ha risposto senza esitazioni: «L’ho uccisa perché non voleva tornare con me».

Presenti in aula, i familiari di Giulia che hanno espresso la loro sofferenza. Gino Cecchettin, il padre di Giulia, ha commentato «Il momento più doloroso è stato sapere cosa ha attraversato mia figlia negli ultimi momenti della sua vita. Ma non è questo il punto del processo; il punto è che abbiamo capito chi è Filippo Turetta».

Il caso ha acceso un dibattito più ampio sulla sicurezza delle donne e sulla violenza di genere, con organizzazioni locali come il Centro Antiviolenza di Montecchio che hanno avviato campagne di sensibilizzazione per promuovere un cambiamento culturale.

Le prossime udienze si preannunciano cruciali per chiarire le responsabilità e i fatti che hanno portato alla scomparsa di Giulia. La comunità attende con ansia gli sviluppi, sperando che il processo possa portare ad una conclusione che allevi, seppur in parte, il dolore di una perdita incolmabile.

Giulia è diventata, suo malgrado, un simbolo. È fondamentale mantenerne viva la memoria, richiamando l’attenzione su questioni che non riguardano solo la sua storia, ma quelle di molte altre donne, che possono e devono essere salvate.