Capolavori di Memoria: storia della controversa Collezione Emil Bührle

Vi è mai capitato di entrare in un museo e di uscire più emozionati dalla storia dei dipinti che dai dipinti stessi? A me sì: al Kunsthaus di Zurigo, dopo aver visto le tele dei grandi impressionisti e post-impressionisti francesi appartenenti alla Collezione Emil Bührle mi è successo proprio questo.

di Luciano Lombardi D'Aquino, 3G

La Piccola Irene (Irene Cahen d’Anvers) di Renoir accoglie i visitatori raccontando loro la storia sua e degli altri quadri, come Il ponte di Waterloo di Monet, l’Autoritratto di Van Gogh e il Ragazzo con il panciotto rosso di Cézanne.

 

La storia ha inizio nel 1890, quando Emil Georg Bührle nasce in Germania. Cresciuto in una famiglia modesta, si laurea in storia dell’arte e letteratura all’Università di Freiburg.

Nel 1919, dopo aver servito nell’Esercito Imperiale Tedesco come ufficiale durante la Prima Guerra Mondiale, entra a fare parte della Fabbrica di Macchinari e Attrezzi di Magdebrugo (Magdeburg Werkzeugmaschinenfabrik) in qualità di rappresentante legale.

Quando la sua compagnia acquisisce la fabbrica svizzera di prodotti analoghi Oerlikon (Werkzeugmaschinenfabrik Oerlikon) nel 1923, Bührle ne diventa direttore generale. L’anno seguente si trasferisce a Zurigo per occuparsi della riorganizzazione dell’azienda e in pochi anni ne diventa proprietario unico, rinominandola Oerlikon-Bührle Holding AG. Nel frattempo ottiene la cittadinanza svizzera.

L’ascesa dell’industriale Emil Bührle inizia quando si concentra sull’esportazione di cannoni alla Germania nazionalsocialista prima e durante la guerra. In pochi anni la Oerlikon-Bührle diviene la maggiore industria di armamenti in Svizzera, e Bührle l’uomo più ricco del paese: fra il ’38 e il ’45 il suo patrimonio passa da 8 a ben 162 milioni di franchi. Dalle ricerche emerge che dopo la guerra continua ad espandere le sue attività commerciali in molti altri stati coinvolti in conflitti.

Bührle nel frattempo avvia anche la sua carriera di collezionista, approfittando di un mercato inondato dalle opere d’arte confiscate o vendute da ebrei costretti alla fuga o perseguitati durante la guerra. Attraverso i proventi della vendita di armi al Terzo Reich, acquista numerose opere a Parigi, occupata dai nazisti, formando il fulcro della sua collezione iniziata nel 1936. Molte delle tele acquistate in questo periodo sono state confiscate ai proprietari originari ebrei, vittime di persecuzioni, come confermano i rapporti dell'Unità di Investigazione sul Saccheggio d'Arte dell'Ufficio dei Servizi Strategici Americani.

Nel 1960, quattro anni dopo la morte di Bührle, gli eredi rendono la collezione accessibile al pubblico creando la Fondazione Collezione E. G. Bührle con sede in una villa privata a Zurigo.

Ma è solo in occasione di una mostra a Washington D.C. nel 1990 che esponeva alcune delle opere della Collezione Bührle che vengono sollevate le prime controversie sulla oscura origine dei dipinti. Sono così iniziate le ricerche sulla storia dei passaggi di proprietà delle opere, tra cui quella di una Commissione Svizzera Indipendente di Esperti della Seconda Guerra Mondiale, grazie alle cui scoperte 13 dipinti di origine ebrea-francese vengono restituite ai legittimi proprietari o ai loro eredi.

Al giorno d’oggi il museo della Fondazione Bührle è chiuso, ma 170 opere della Collezione sono state prestate per venti anni al Museo Kunsthaus di Zurigo, dove dal 2021 è possibile ammirarle.

Recentemente il museo ha curato una mostra permanente intitolata “A Future for the Past” per esporre in un'intera ala dell’edificio questi capolavori carichi di memoria. Lo storico Erich Keller ritiene che siano circa 90 le opere esposte ottenute illegittimamente da proprietari ebrei e afferma che «è necessaria una ricerca indipendente sulla provenienza delle opere d’arte, per poi valutare quali di questi dipinti appartengano per davvero al Kunsthaus e quali bisogna restituire». La Fondazione Bührle sostiene invece che non ci sia ragione di credere che queste opere abbiano un’origine controversa.

Il passato delle opere d’arte della Collezione Bührle è tanto incerto quanto il loro futuro. Per ora, solo una cosa è certa: i visitatori del Museo Kunsthaus, ammirando quei capolavori, non ricevono solo le emozioni che i grandi artisti hanno impresso nelle loro tele, ma sono anche pervasi da un malinconico presagio di perdita e sofferenza, lo stesso che sembra essere negli occhi della Piccola Irene.

emil