Elena: luce della libertà e ombra del destino
di Beatrice Ercoli
La nascita della figura mitologica di Elena può essere riconducibile a quella della letteratura occidentale stessa, è infatti presente in entrambi i poemi omerici, dove rappresenta sia la bellezza che la morte, in quanto è considerata la causa della guerra di Troia.
Elena ha un ruolo centrale anche in uno degli episodi più celebri della mitologia greca, l’assegnazione del “Pomo della discordia” (il motore della guerra di Troia, secondo il mito), in cui la figlia di Leda viene offerta come premio da parte di Afrodite a Paride, se lui avesse concesse alla Dea nata dalla schiuma del mare il voto per ottenere il titolo di più bella tra le dee.
Nel corso della storia della letteratura, sia antica che moderna, vi sono state diverse opinioni riguardanti le azioni compiute dalla regina di Sparta: In molti si sono chiesti se aver abbandonato la sua patria per Troia sia stata un’azione volontaria o no? Sono i poeti lirici a porre per primi questo interrogativo.
Nella saga omerica, senza troppe sfumature, dubbi su Elena non sono mai emersi: la partenza della regina è la diretta e meccanica causa della guerra.
Nel mondo omerico ad Elena vengono attribuite di fatto lo scoppio della guerra e la morte dei numerosi soldati che l’hanno combattuta. La stessa Elena numerose volte esprime il desiderio di voler morire per placare i sensi di colpa.
Il suo rapimento non viene descritto come un’azione violenta, quanto più come un atto della donna compiuto consapevolmente, anche se non del tutto, in quanto in questa vicenda Elena è stata vittima di una sorta di accecamento, frutto o del volere degli Dei o dell’amore per Paride.
A pensare che tutto corrisponda a un piano architettato dagli Dei sono ad es. Ettore e Priamo, quest’ultimo in particolare infatti prova persino dolcezza, oltre che rispetto, per la donna e sostiene che siano stati gli Dei a volere la guerra. Per di più nel III libro dell’Iliade, viene evidenziata anche la colpa di Paride, che, approfittando dell’ospitalità ricevuta a Sparta, ha rapito la regina recando una grave offesa a Menelao. Tutto questo, tuttavia, non impedisce a Elena di sentire il peso di una guerra che si sta combattendo in suo nome, tanto più che l’Iliade di fatto, seppur in maniera distaccata ed oggettiva, glielo attribuisce, quantomeno al 50%.
Veniamo ora, come anticipato, alla poesia lirica: Saffo in un’ode (il Fr. 16 Voigt; eccolo nella sua wikivoce: La cosa più bella ) ci offre una visione del rapimento come exemplum mitico, a sostegno della sua tesi secondo cui “la cosa più bella è ciò che uno ama”. L’opinione di Saffo non si distanzia molto da una presente in Omero. Anche lei infatti ritiene che siano stati gli Dei a volere che Elena andasse a Troia; esemplificativo a questo proposito la frase con cui si conclude il riferimento a Elena: “Cipride la conduceva” (vv. 11 e 12).
Possiamo sottolineare però che, contrariamente a quanto raccontato nell’Iliade, qui la prospettiva cambia: la poetessa di Lesbo pone la guerra in secondo piano e si focalizza prettamente sull’amore di Elena, talmente profondo da non curarsi più di suo marito e sua figlia. Saffo fornisce così anche una visione innovativa e più realistica, mettendo in evidenza la scelta personale della donna e tentando di liberarla dalla convinzione altrui che lei sia stata causa di una guerra. Saffo, dopo Omero, è la prima a preoccuparsi e a ricercare la volontà e i sentimenti di Elena stessa.
Un altro avvocato della regina di Sparta è il sofista Gorgia nella sua opera Encomio di Elena. Gorgia esalta la bellezza divina di Elena, simbolo di splendore, motivo per cui sono stati molti gli uomini che si sono innamorati di lei. Gorgia non manca di valorizzare questa sua qualità. Anche Gorgia, nella sua arringa difensiva, porta l’argomento di una forza maggiore alla base del rapimento; una forza maggiore troppo potente (inopponibile, potremmo dire) per un singolo individuo, che potremmo chiamare amore oppure volere degli Dei oppure capacità persuasive della parola (argomento questo tipicamente sofistico).
Gorgia definisce Paride un barbaro e lo ritiene responsabile della violenza inflitta a Elena, che è stata portata via dalla sua casa, dalla sua patria ed è stata strappata ai suoi cari contro la sua volontà. In aggiunta il sofista di Leontini sostiene che Paride abbia pronunciato discorsi persuasivi per convincere la regina sua ospite a partire con lui per Troia. E si sa per un sofista non si può resistere ad un discorso ben impostato: così Paride si trova accusato di aver utilizzato la forza del λόγος per impedire ad Elena di pensare o agire in maniera diversa da quanto lui desiderasse. La persuasione, sostiene Gorgia, è sempre considerata violenza, sia se prodotta da un ragionamento logico, sia se viene indotta per operare una costrizione.
Gorgia affronta un altro argomento che potrebbe aver portato alla decisione di Elena, ovvero il potere delle Divinità: il sofista sostiene infatti che Ἔρως, forza inarrestabile, abbia fatto in modo che Elena si innamorasse di Paride e lei, sottomessa a una potenza ben superiore alle capacità umane, non abbia potuto evitare che ciò accadesse, né tanto meno decidere di non partire insieme a lui.
Il tragediografo Euripide dedica ad Elena un’intera tragedia omonima, dove racconta un’altra versione del mito: la protagonista non è mai stata a Troia, ma al suo posto c’è invece un’ombra, chiamata εἴδωλον, che di fatto inganna Greci e Troiani, mentre la vera Elena si trova ora prigioniera in Egitto. Inizialmente in questa tragedia Elena separa le sue responsabilità da quelle del suo εἴδωλον, ma si sente comunque responsabile e, di nuovo, principale causa della guerra di Troia.
La trama della tragedia si sviluppa a partire da quando Menelao, tornato dalla guerra di Troia, si ritrova in Egitto e scopre che Elena non è la donna che ha recuperato a Troia. Inizialmente sospettoso, si rende però conto della verità (l’εἴδωλον a Troia e la vera Elena in Egitto) e insieme alla moglie pianifica il ritorno a Sparta. Per realizzare il piano di fuga, Elena si serve della forza che il λόγος è in grado di produrre ed ordisce così un inganno ai danni di Teoclimeno, attuale re d’Egitto che di fatto impedisce ad Elena di ripartire, dato che la vuole per sè. La tragedia incredibilmente si concluderà con un lieto fine da commedia, con la fuga della coppia di innamorati e la beffa del re malvagio.
Mi ha colpito leggere come Euripide definisce la bellezza della protagonista, differentemente da come fatto da Gorgia. L’antonomastica bellezza di Elena diventa una vera e propria condanna, in quanto si tratta solo di elemento esteriore e superficiale ed estremamente ingannevole.
Personalmente credo che la scelta di Elena di partire con Paride per Troia rappresenti un atto di coraggio straordinario, soprattutto considerando il contesto storico in cui viveva. In un'epoca in cui le donne erano spesso subordinate e prive di libertà, Elena ha avuto il coraggio di seguire i propri sentimenti, nonostante fosse già sposata. Questa capacità di riconoscere e accettare i propri desideri è ammirevole, anche se probabilmente la sua decisione, in una certa interpretazione, era stata influenzata dal volere degli Dei.
Tuttavia, non posso ignorare il fatto che Elena fosse una regina con numerose responsabilità.
La sua fuga non ha solo cambiato il corso della sua vita, ma ha anche scatenato una guerra devastante, che è vista da molti come una diretta conseguenza delle sue azioni. Sebbene la sua scelta rifletta una libertà personale, porta con sé il peso di un destino tragico.
Questa contraddizione rende la sua figura complessa: da un lato, rappresenta il coraggio di una donna che rompe le catene delle convenzioni sociali, dall'altro è vista come la responsabile di conflitti che hanno avuto gravi conseguenze.
Elena ha scelto la libertà, ma il suo atto ha avuto ripercussioni che la segneranno per sempre.