Le rifrazioni della luce
Fiat lux
di Flavia Erra
In giornate di pioggia spesso ci ritroviamo a sperare in uno spiraglio di sole. Quando ciò accade inseguiamo questo calore con lo sguardo, con il cuore, e la nostra anima si rallegra alla vista di uno dei più bei fenomeni che la natura ha da offrirci: l’arcobaleno. Protagonista di diverse fiabe per bambini, l’arcobaleno emoziona ogni volta. Perché? Forse per la speranza di trovare la tanto rinomata pentola d’oro o forse per l’incredibile fenomeno fisico che permette un qualcosa di tanto meraviglioso.
Fiat lux, sia fatta luce, tutto ha origine nella luce.
In fisica la luce è un’onda elettromagnetica, costituita dunque da una lunghezza d’onda e una frequenza. Questa però oltre ad avere natura ondulatoria, assume un atteggiamento di tipo corpuscolare, cioè dipendente dalle interazioni tra fotoni ed elettroni all’interno del raggio. Onde e frequenza sono inversamente proporzionali tra loro mentre al contrario i fotoni sono legati alla frequenza da un rapporto direttamente proporzionale. È la prima variabile, ovvero la lunghezza d’onda, che permette di identificare i diversi tipi di radiazioni che, congiunti, danno vita allo spettro elettromagnetico. Con il termine spettro si intende dunque la distribuzione dell’intensità di una radiazione in funzione dell’energia, della frequenza o di qualche altra grandezza ad esse collegata. Non vi è un’univoca forma, ma ne esistono di diversi tipi. Esso è divisibile in spettro di emissione e in spettro di assorbimento. Per quanto riguarda il primo sono individuabili altre due categorie: continuo e a righe. Quando si parla di spettro di emissione continuo si intende uno spettro contenente ogni tipo di lunghezza d’onda e dunque corrispondente a un corpo nero. Uno spettro a righe è invece tipico dei gas che, se rarefatti ad alta temperatura, sono in grado di emettere una data luce sulla base della struttura anatomica dell’elemento considerato. Totalmente opposto è lo spettro di assorbimento che, al contrario, vede il gas soggetto a una corrente luminosa. Lo spettro elettromagnetico è proprio dello spettro continuo, e dunque caratterizzato da diverse radiazioni che generano la suddivisione di quest’ultimo in ampie zone: raggi g (gamma), raggi UV (ultravioletto), raggio visibile, raggi IR (infrarossi) , micro – onde e onde radio. Il raggio visibile è l’unico che l’uomo riesce a percepire ed è caratterizzato dall’intervallo 380 nm – 750 nm (lunghezza d’onda). Ad essi corrispondono i diversi colori dell’arcobaleno disposti in un certo ordine a seconda della lunghezza d’onda: dal violetto (più breve), si passa per l’indaco, il blu, il verde, il giallo, per finire nel rosso (più lunga). La luce bianca del sole passa mediante un prisma, la pioggia, provvedendo alla scomposizione nelle radiazioni che la costituiscono e generando una successione continua di colori. La lunghezza d’onda colpisce la retina e, attivando diversi tipi di cellule coni retinici sensibili al colore, è possibile all’occhio la vista del raggio. Questo fenomeno fisico è noto con il nome di rifrazione, ed oltre ad interessare la luce visibile, è oggetto di ogni spettro.
E quindi sì, quando piove desideriamo il sole. Ma non ci accorgiamo che senza l’uno non esisterebbe l’altro, senza entrambi non esisterebbe arcobaleno. Ed è proprio uno spettro ad essere l’artefice dei colori. Non sarà che è l’ombra a generare la luce?