Dostoevskij e le luci e le ombre della nostra coscienza
di Costanza Tanferna

Scendere nel sottosuolo richiede un coraggio particolare. A livello della superficie, tutto appare più semplice, accettabile e luminoso; eppure, ciò che è visibile ai nostri occhi non sempre corrisponde alla realtà. Nei recessi oscuri, nei sotterranei del nostro “io”, si cela l'ignoto, che può spaventare e disorientare. Affrontare il proprio sottosuolo interiore significa specchiarsi nell’oscurità e riflettere sull'immagine di sé che ne emerge. A fare ciò è l’anonimo protagonista di Memorie dal sottosuolo, romanzo di Fëdor Dostoevskij, pubblicato nel 1864.
“Io sono un uomo che si è ritirato nel suo angolo, avendo rinunciato al mondo.”
L’uomo del sottosuolo vive in un mondo intriso di male, prigioniero di una natura tragica e masochista, afflitto da sensi di colpa e rancore. La sua essenza, lontana da ogni possibilità di redenzione, è un mezzo per esplorare le viscere più profonde dell’animo umano, dove si celano luci e ombre in una eterna lotta.
Il protagonista è caratterizzato infatti da una profonda conflittualità interiore ed è dominato da sentimenti di alienazione, frustrazione e sofferenza. Un individuo emarginato, un “outsider” che riflette sulla società, sul mondo che lo circonda a cui non sente più di appartenere e che trova rifugio nella sua interiorità: un mondo oscuro e tormentato, popolato da una profonda angoscia esistenziale. L’uomo si sente prigioniero delle convenzioni sociali, ma allo stesso tempo aspira a un’apertura verso il mondo esterno, a una luce, che però viene immediatamente spenta dall’eterno buio del sottosuolo. Egli è pienamente consapevole di cosa rappresenti il bene, eppure si abbandona sempre di più a una cattiveria lentamente distruttiva, come se fosse un’arma contro ciò che lo opprime.
Un episodio particolarmente rappresentativo in questo senso è quello che leggiamo nella seconda parte del libro, in cui il protagonista incontra Liza, una giovane prostituta che egli vorrebbe aiutare, ma che in realtà finisce per umiliare e maltrattare. Anche in queste rare occasioni, la luce si affievolisce a causa dell’incapacità da parte dell’uomo di liberarsi dal proprio cinismo. Una dualità tra buio e luce che lo porta a un'esistenza di auto-sabotaggio: ogni tentativo di affermarsi in modo positivo viene bloccato da un impulso autodistruttivo, accompagnato dall’indifferenza e da un profondo senso di impotenza e passività che favorisce alienazione e dolore.
Il sottosuolo di Dostoevskij è quello che Freud, in tempi successivi, chiamerà “inconscio”, il lato dell'animo umano che non si costituisce di ragione, ma di desiderio, impulso, volontà.
Memorie dal sottosuolo è infatti un'opera che non può essere considerata solo di letteratura narrativa, perché contiene tanta filosofia quanta letteratura. Attraverso il dialogo interiore del protagonista, Dostoevskij ci presenta una riflessione accurata sulla natura umana e sulla lotta costante tra ragione e sentimento, in una dimensione atemporale che rende l’opera ancora attuale, accompagnata dalla voce dell’uomo del sottosuolo che risuona come un'eco delle inquietudini contemporanee.
È stato sottolineato che Memorie dal sottosuolo è un romanzo che non va messo “in mano di chi non è o sufficientemente forte per reggere la sua tensione, o sufficientemente innocente per non restarne avvelenato. È un forte veleno, che è meglio per molti non toccare” (D.P. Mirskij, Storia della letteratura russa, 2021; cfr anche V. Nabokov, Lezioni di letteratura russa, 1981).
La lettura del testo può risultare infatti particolarmente complessa poiché penetra nelle pieghe più recondite dell'animo umano, esplorando zone d'ombra e contraddizioni irrisolvibili. Dostoevskij non si limita a descrivere il disagio interiore, ma lo viviseziona, costringendo chi legge le sue pagine a confrontarsi con le proprie zone d’ombra e ad analizzare il bene e il male intrinsechi nell’animo umano.